Alimentazione e attività fisica contro l’Alzheimer

Seniorin mit Enkel, Portrait, lachen

Il 21 settembre è la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalentemente in età presenile (oltre i 65 anni). Purtroppo non esistono ancora cure efficaci ma l’Alzheimer si può affrontare mettendo in campo strategie diverse che migliorano la qualità della vita dei pazienti, iniziando però molto prima della comparsa della malattia. Imprescindibile, in questo contesto, condurre uno stile di vita attivo ed equilibrato basato su attività fisica costante e alimentazione corretta: per esempio, lo sapevate che l’alimentazione rappresenta un fattore di rischio modificabile che gioca un ruolo determinante nel prevenire o ritardare l’insorgenza di demenza e nel rallentarne la progressione?
Per saperne di più sull’Alzheimer a livello di cure e prevenzione, abbiamo rivolto alcune domande al dottor Aladar Bruno Ianes, Direttore Sanitario di Korian Italia, azienda leader nell’offerta di servizi residenziali e terapeutici per la terza e quarta età.

Dottore, per inquadrare lo scenario, ci fornisce alcuni dati di massima sull’Alzheimer?Oggi in Italia i malati di Alzheimer sono 600.000 e a causa dell’invecchiamento della popolazione sono destinati ad aumentare. All’Italia il record di Paese più longevo d’Europa, con 13,4 milioni di ultrasessantenni, pari al 22% della popolazione. Nel mondo le persone affette da Alzheimer sono 46 milioni, più della popolazione della Spagna, e sono destinate a raggiungere i 131, 5 milioni entro il 2050. Oggi il costo della malattia è di 818 miliardi – pari cioè ad un valore di mercato superiore persino a quello di colossi del calibro di Apple (742 miliardi), Google (368 miliardi). Solo nel corso del 2015 si sono verificati più di 9,9 milioni di nuovi casi di demenza a livello mondiale, cioè un nuovo caso ogni 3,2 secondi.

Numeri impressionanti. E i tempi di diagnosi ? 
Migliora la consapevolezza, ma i tempi di diagnosi restano lunghi. Il 47,7% dei caregiver afferma di aver reagito subito alla comparsa dei primi sintomi della malattia del proprio assistito, interpellando il medico di medicina generale (47,2%), lo specialista pubblico (33,1%) o lo specialista privato (13,6%). Solo il 6,1% si è rivolto immediatamente a una Uva (Unità di valutazione Alzheimer). Tuttavia, la gran parte degli intervistati dichiara di aver ricevuto la diagnosi da un professionista diverso da quello consultato per primo (63,1%). A formulare la diagnosi di Alzheimer è principalmente lo specialista pubblico (65,5%), in particolare un neurologo (nel 35,6% dei casi) o un geriatra (29,9%). Il tempo medio per arrivare a una diagnosi resta elevato, pur essendo diminuito da 2,5 anni nel 1999 a 1,8 anni nel 2015.

Cosa può dirci relativamente ai costi dell’assistenza?
I costi diretti per l’assistenza ai malati di Alzheimer superano gli 11 miliardi di euro, di cui il 73% è a carico delle famiglie. Secondo le statistiche, in Italia si sta affermando un modello di assistenza sempre più informale e privata: nella metà dei casi l’assistenza è a cura dei figli, mentre il 38% dei pazienti si è affidato a una badante. Infine, va sottolineato che la stragrande maggioranza dei pazienti non viene seguita né da una Uva né da un centro pubblico (56,6%).

Consigli e buone pratiche per prevenire e ridurre l’evoluzione del morbo di Alzheimer?Lo stress, l’alimentazione e lo stile di vita sono fra i più importanti fattori di rischio per l’insorgenza di forme di demenza, quali l’Alzheimer, e possono accelerarne o rallentarne la progressione. Oggi grazie alla ricerca scientifica l’obiettivo di una cura efficace per il morbo di Alzheimer sembra essere meno lontano, ma il ruolo della prevenzione resta di vitale importanza per diffondere la conoscenza della malattia e per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle sue ricadute sociali ed economiche.

E a livello di prevenzione? Qual è per esempio il ruolo dell’attività fisica? E l’alimentazione?
Il trattamento dei disturbi del ritmo sonno/veglia si è rivelato, ad esempio, un importante fattore di prevenzione, ma anche una regolare attività fisica, uno stile di vita equilibrato e una sana alimentazione giocano un ruolo chiave. L’insorgenza della demenza, ad esempio, è più elevata nelle persone che consumano diete ricche di colesterolo e di carne, di grassi saturi e calorie totali, tutti fattori che giocano un ruolo importante nella formazione delle placche di beta-amiloide e nel danno ossidativo ai neuroni. La dieta simbolo e auspicio di buona salute e modello di sana alimentazione, è, invece, collegata a un più lento declino cognitivo e a una riduzione del rischio di demenza, compresa la malattia di Alzheimer e favorisce il corretto apporto di macronutrienti – carboidrati, grassi, proteine – e di micronutrienti quali potassio, sodio, zinco, acido folico, calcio, selenio, vitamina C, D, E. Una dieta sullo stampo di quella mediterranea migliora l’apporto di vitamine e minerali, acidi grassi insaturi e polifenoli, riducendo l’assunzione di grassi saturi di origine animale, zuccheri semplici e sale. Via libera, quindi, a prodotti integrali, legumi (fagioli, ceci, fave, lenticchie), frutta e verdura, carne bianca, uova, con una significativa riduzione del consumo di zuccheri semplici e sale. Semaforo verde anche per pesce azzurro (sgombro, salmone, sarde, alici, aringa), ma anche per frutta secca e semi, frutti rossi, legumi, privilegiando nella dieta l’assunzione di prodotti a base di soia, da preferire ai latticini. Infine, recenti studi hanno dimostrato che la dieta mediterranea abbinata a una regolare attività fisica va di pari passo con una ridotta presenza di accumuli di proteine tossiche nei neuroni, il tratto tipico della malattia di Alzheimer che porta al deterioramento neurologico e cognitivo.

Qual è oggi l’importanza delle terapie non farmacologiche?

Gruppo Korian, azienda leader in Europa nella gestione di Residenze per la terza e quarta età presente in Francia, Italia, Belgio e Germania con più di 700 strutture e circa 70.000 posti letto, ha scommesso da tempo sulle terapie non farmacologiche per accompagnare il malato di Alzheimer in un percorso studiato per controllare e attenuare i disturbi del comportamento – quali l’affaccendamento ossessivo e l’ansia di fuga – e rallentare il declino cognitivo e funzionale. Fra le più recenti innovazioni implementate dal nostro Gruppo nelle terapie non farmacologiche per la cura dei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer spiccano, ad esempio:
– il camuffamento degli spazi abitativi e architettonici per nascondere le vie di uscita allo sguardo dei malati (ad esempio con raffigurazioni che facciano sembrare le porte delle librerie o degli armadi e con pareti coperte da quadri e piante in modo da rendere le porte non riconoscibili)
– la Doll Therapy che, tramite l’utilizzo di una bambola da accudire, favorisce l’attivazione della memoria e il recupero, anche se parziale, dell’auto consapevolezza
– gli Ealing Garden (o giardini terapeutici), che attraverso attività di cura dell’orto e degli spazi verdi sotto la supervisione di un esperto, portano il paziente in contatto con la natura regalandogli serenità e soddisfazione per i risultati raggiunti.
– la musicoterapia, che rievoca emozioni e reminiscenze agevolando le relazioni col presente
– l’arteterapia che stimola la creatività del paziente, consentendogli di sperimentare diversi materiali per esprimere il suo talento artistico ed esprimere così sentimenti, pensieri, ricordi.
– la treno terapia, che vede il nostro Gruppo fra i pionieri assoluti in Italia nell’implementazione del vagone virtuale per dare sollievo ai pazienti affetti da Alzheimer. In perfetto stile retrò, il vagone consente agli ospiti di vivere un viaggio simulato in treno di 45 minuti, offrendo loro un potente metodo per placare l’ansia da fuga che accompagna le loro giornate.
Allo stato attuale, la terapia farmacologica per la cura delle demenze e, in particolare, dell’Alzheimer svolge un ruolo importante per ridurre nelle fasi iniziali l’evoluzione della malattia. Nel successivo decorso della patologia neurodegenerativa il trattamento farmacologico perde la sua efficacia terapeutica e assume valenza per il controllo delle manifestazioni cliniche. Abbinare un adeguato e mirato regime alimentare, la stimolazione delle abilità residue specifiche per tipo di paziente e di demenza, applicando metodiche di stimolazione cognitiva, anche tramite approcci che utilizzano giochi elettronici, aiutano a frenare la perdita del patrimonio cellulare e contestualmente preservare le attività cerebrali residue.

Fonti: Censis, Aima 2016 – Adi (Alzheimer’s Disease International) 2014

 

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